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La festa di San Lucido

 

San Lucido, nei primi sei giorni di Novembre, era in fermento. Già fin dalla metà di Ottobre falegnami e carpentieri costruivano lungo la via Marina Taverna delle baracche in legno ben solide, con dei pali conficcati almeno a mezzo metro di profondità nel terreno come pilastri e con tavole assemblate sia sul tetto sia sulle pareti laterali in modo tale da favorire lo scivolare dell'eventuale pioggia. Erano ben solide perché il proverbiale vento di San Lucido le avrebbe distrutte se si fosse levato. Queste baracche servivano per il commercio dei tessuti in genere e degli articoli casalinghi, ma il commercio più importante della Fiera era quello degli animali. Era uno spettacolo. Ricordo che Mataverna era il centro di una distesa di ogni sorta di animali che si iniziava dallo Scoglio e finiva a San Cono. La fotografia qui sopra riprodotta e scattata nei primi anni del 1900 conferma quanto vi sto raccontando e potete vedere l'immensa spiaggia colma di persone ed animali che invadevano, attraverso la scarpata, addirittura la ferrovia. Il giorno quattro di Novembre, fin dai primi chiarori dell'alba, sotto le finestre della mia casa, vedevo arrivare vere e proprie processioni di persone con al seguito mucche, vitelli, tori, capre, pecore, asini, muli, galline e papere che facevano capolino dall'orlo delle nostre " sporte" coperte alla meglio con vecchi stracci e, soprattutto, carrette trainati dagli asini colme di maialini,   i cosi detti " passaturi", che venivano a rimpiazzare, da lì a due mesi circa da venire, il maiale da "ammazzare" per le provviste della casa. Venivano dai paesi vicini ed anche da quelli non tanto vicini, a piedi, magari col vento o sotto la pioggia ed, alcune volte, sotto la neve, per chi arrivava, attraversando la Difesa di Sant' Angelo, dai paesi come Rende, San Fili, Marano, Montalto, etc. Era un'economia a cui non si poteva rinunciare. Si spacciava denaro falso; gli zingari vendevano gli asini vecchi con una buona dose di peperoncino nel "di dietro" perchè sembrassero aitanti e forti, ma che, finito l'effetto del peperoncino, una volta tornati nel loro podere, i nuovi padroni vedevano accasciarsi al suolo e dormire; si scambiavano gli animali e si "firmavano" contratti con una semplice stretta di mano, da onorare secondo gli antichi codici popolari; si beveva e si mangiava accampati sulla spiaggia, mentre, sotto una baracca improvvisata, qualcuno friggeva il baccalà ed i broccoli, tipica pietanza sanlucidana, da vendere ai forestieri che gradivano la diversità. I palloni di fichi infornati dei sanfilesi venivano scambiati con le alici salate; qualche contadinotto dell'interno per la prima volta nella sua vita vedeva il mare e gli si poteva leggere sul volto la meraviglia e nello stesso tempo un timore al cospetto della grandiosità di quella massa d'acqua e dell'immensità dell'orizzonte. Ripeto : era uno spettacolo. La Fiera durava tre giorni ed era la vera e più grande Fiera di San Lucido. Quella del Santo Patrono, San Giovanni, del 24 Giugno, era molto meno importante, dal punto di vista economico. Questo folklore non esiste più, per diversi motivi che non starò qui ad elencare. In verità la Chiesa di San Leonardo è stata sempre un rudere, a memoria d'uomo, ma il culto del Santo era grandemente sentito perché tutti gli uomini sono prigionieri di qualcosa o di qualcuno e tutti abbiamo bisogno di vivere nella speranza di essere affrancati da questo stato. Se, come la tradizione ci narra, San Leonardo è il protettore degli uomini oppressi, San Leonardo è il protettore di tutti.

                                                                             Marcello Lattari

 


La festa nel passato

(Miti e Leggende popolari)

L’ unica tradizione religiosa è dunque questa della festa di S. Leonardo. Anche qui devo servirmi molto delle testimonianze orali , poiché non esistono documenti storici. E’ una festa che era ed è ancora vissuta da grandi e piccoli con una intensità tale da influire su tutte le espressioni della vita paesana , dal lavoro allo studio , dalla preparazione alla casa , rimessa a nuovo più che per Natale o Pasqua , dal rinnovo dell’ abbigliamento sia femminile che maschile. All’ occhio dell’ osservatore esterno , questo modo di vivere appare orientato verso una sola cosa: una corsa a senso unico verso la festa di San Leonardo. Questa festa , dal punto di vista espressione di fede cristiana , ha tanti limiti. Molte persone, parlando della festa del Santo al tempo della loro infanzia, raccontano che tutti si riversavano in chiesa durante la novena: “sempre la jiesa piena!”. Dove è andata la stessa gente oggi? Richiesto il motivo del loro abbandono, essi ammutoliscono e parlano della festa profana , per cui c’ è da dedurre ironicamente che la chiesina era tanto piccola che bastava poca gente a riempirla , o, maliziosamente, che andavano in chiesa per paura del "signorotto"? La festa vera e propria consisteva nella processione con la statua del Santo, talmente mitizzata che, ancora oggi tanti credono che i suoi occhi siano di persona viva, che esprime gioia o tristezza a seconda di come si è svolta la festa. Dicevamo che la festa ruotava attorno alla processione fatta , portando la statua a spalle , nei primi due giorni per le vie del paese ed il giorno del Santo sulla spiaggia, dove si restava per l’ intera giornata , ci si divertiva ballando ed esibendosi in giochi e gare. E’ specialmente ricordato il tiro al gallo. Si sparava ad un gallo ad una distanza di circa 250 m. volti verso il mare.Tale gara si dice che sia stata abolita a causa del ferimento di persone.Dopo aver fatto un buon pic-nic, si rientrava  nuovamente in processione ma per altra strada che quella dell’ andata. “Perchè Santu Lionardu ha da benedire tutte le case e li campi”. La gente arrivava in pese , si disponeva in piazza ad ascoltare l’ esibizione di musici locali, che strimpellavano a lume di acetilene. Il villaggio infatti era ancora sprovvisto di energia elettrica. Anche i briganti si godevano lo spettacolo e  si mettevano in piedi sui muri di cinta del villaggio  pronti a scappare. I foresti che venivano a godersi la festa, per prima cosa si portavano in chiesa, anche di notte , a salutare il Santo e ad ammirare l’ addobbo della chiesa stessa , fatto di stoffe preziose , da uno che per mestiere faceva l’ addobbo delle chiese per le feste patronali. Poi si recavano dagli amici o dai parenti per trovare alloggio. Anche i componenti della banda “i musicanti” si distribuivano nelle famiglie; chi non poteva ospitarne , prestava almeno un cuscino , un materasso o una coperta. Quanto al sacerdote, non poteva né aggiungere né togliere niente al programma stabilito. Neanche quando durante tutta la processione la statua veniva portata casa per casa dove ogni famiglia aggiungeva un pezzo di nastro al quale venivano applicati i soldi, il più visibilmente  possibile, naturalmente!Al rientro della statua si riusciva a malapena a notare a il volto aureolato , rivestito o attorcigliato com’ era di nastri e soldi.Altro che pellegrinare dietro alla croce di Cristo, festeggiando l’ eroismo di quel fratello che lo ha imitato sulla terra ed ora vive con Lui per l’ eternità! Tale processione era più definibile rito  pagano. Dare soldi per propiziarsi gli dei. C’ è ancora da dire che, prima di riportare la statua all’ interno della chiesa si assisteva ad un rito particolare che consisteva nell’ alzare ed abbassare la statua tre volte.Il Santo ringraziava così il suo popolo. All’ occhio del forestiero ignaro di simili devozioni , appariva un impressionante e misterioso ombrello di soldi che si apriva e chiudeva per tre volte.Un cristiano illuminato poteva ben chiedersi se questo popolo venerava un Santo o un fantoccio di denaro?

                                    Franco Scarpino

Testi tratti da "Il Villaggio di San leonardo"

Tesi di Sr M. Concetta Contu (Suora marianista) / Relatore Prof. Giancarlo Bregantini - Anno Acc. 1983/84

 

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