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TORTORA

Edificato, con buona probabilità, dai profughi di Blanda, appare alla ribalta della storia come appartenente alla famiglia Giffone; per successione femminile, pervenne ai Lauria, seguendo, in tal modo, le stesse vicende feudali di Aieta. Nel 1528, per le simpatie filo-francesi mostrate da Francesco di Lauria, venne alienato il patrimonio di famiglia ed attribuito ai Loquinguen. Appartenne successivamente ai Martirano (1540-1561), agli Andreotti (1561-1564), agli Osorio Exargue (1565-1602), ai Ravaschieri, ai Pinelli (1602-1695), quindi ai Vitale (1695-1806). Nella parte bassa (località Carrola), palazzo Lomonaco, dotato di un bel portale settecentesco di pietra, ove, come attesta una lapide commemorativa, fu ospitato il generale Garibaldi nel 1860.

La chiesa del Purgatorio, edificio romanico di epoca normanna che lascia trasparire riflessi moreschi e bizantini, con rifacimenti in epoca successiva, ha una facciata in pietra grigia con portale monumentale ricco di simboli orientaleggianti ed intagli in pietra con figure di animali di epoca romanico-basiliana con influenze bizantine ed arabe; le arcatelle sono a tutto sesto su pieddritti a conci decorati da sculture a rilievo della seconda metà del sec. XII. La porta lignea con valve a scomparti decorati con motivi classici, è del sec. XVIII. Vi sono conservati quattro dipinti ad olio su tela di ignoto pittore meridionale del sec. XVII, tra cui una Madonna con anime purganti e un polittico ligneo intagliato e dorato.

La parrocchiale, dedicata a San Pietro Apostolo, ha origini seicentesche. Presenta colonne marmoree e litiche e frammenti architettonici provenienti dalla zona archeologica. Sulla facciata, statue in pietra dei SS. Pietro e Paolo e busto di Gesù, opere di ignoti calabresi del sec. XX. Contiene un sarcofago del sec. III. Gli affreschi, dipinti nel 1768, sono di Genesio Gualtieri da Mormanno: Santa Cecilia, San Biagio vescovo, Sposalizio della Madonna e, sull’altare maggiore, Gesù che consegna le chiavi a San Pietro. Sullo stesso altare, crocifisso ligneo di ignoto scultore calabrese del sec. XIX; al di sopra, la Madonna in Gloria, tela di ignoto meridionale del 700.

Altre tele raffigurano: la Madonna con San Francesco e Santa Chiara di scuola napoletana del 700, con medaglioni raffiguranti: Gesù sotto la Croce, Ecce Homo, Flagellazione, Gesù nell’orto, Crocifissione; la Madonna tra San Francesco di Paola e San Luca pittore di ignoto del 700; la Madonna tra Sant’Antonio da Padova e Santa Lucia di ignoto del 600; la Deposizione di ignoto del sec. XVII. Le statue lignee sono dedicate a: San Biagio (sec. XVII), Ecce Homo (sec. XIX), busto di santa (sec. XVII) Gesù (sec. XVII), Sant’Antonio (sec. XIX), San Biagio (sec. XVIII), Santa Lucia (sec. XVIII), San Pietro Evangelista (sec. XVII) tutte di anonimi scultori calabresi. Inoltre, dipinto settecentesco raffigurante la Madonna del Rosario con riquadri riproducenti i Misteri.

Degna di nota è una bolla di Gregorio XVIII del 1578, istitutiva della Confraternita del SS. Sacramento: reca delle miniature ornamentali con medaglioni figurati della Madonna delle Grazie, del SS. Sacramento e di San Pietro, con lo stemma di Tortora (due tortore su tre monti verdi con stella su campo azzurro). Di notevole interesse, l’argenteria custodita in sagrestia: croce processionale lavorata a rilievi e a cesello, con nodo decorato a rilievo con il pellicano e l’araba fenice; ostensorio con statuetta a tutto tondo di San Pietro; turibolo con incisione a sbalzo del santo titolare della chiesa; navicella paraincenso; tutte opere provenienti da bottega orafa napoletana del 600.

Nella parte alta (località Iulita), si ergono la chiesa e il convento di San Francesco d’Assisi con avanzi del chiostro monastico rinascimentale, fondati nel 500 dai frati Minori. L’interno è a una sola navata con elementi architettonici e decorazioni del 500-600, opera di maestranze locali. Sulla porta d’ingresso, affresco secentesco raffigurante l’Annunciazione. Nell'abside, coro ligneo monastico con scanni e postergali decorati ad intaglio e traforo, eseguito da artieri provinciali del tardo Cinquecento secondo alcuni (Barillaro), del 700 secondo altri (Guida del T.C.I.). Al di sopra, cinque tele attribuite a F. Solimena e raffiguranti: Sant’Antonio da Padova, santo francescano, San Giuseppe, San Giovanni, l’Annunciazione; al centro, statua lignea seicentesca della Madonna della Scala, scolpita a tutto tondo e dorata. Sul lato sinistro dell’abside, Madonna del Carmine con Santa Lucia e San Carlo, Madonna del Rosario ed Immacolata. La cupola è affrescata con raffigurazioni degli Evangelisti, opera di meridionale del 600. Nella quarta cappella di sinistra, Madonna del Rosario tra San Domenico e Santa Rosa con angeli, di ignoto provinciale del 700.

In località Rosaneto, presso la foce del torrente Castrocucco, rinvenimento di materiale del Paleolitico inferiore ove è stato ritrovato, tra l’altro, un nucleo di amigdale e di ciottoli scheggiati. Si tratta delle prime armi dell’età della pietra e di primi manufatti che mostrano una tecnologia più avanzata.

Presso lo scalo ferroviario di Tortora, resti di mura dell’antico abitato greco-romano che si ritiene fosse la mitica Blanda. Altri ritrovamenti di età classica sono nelle località: Picarelli, Marcellino, Palecastro, Timpone del Pagliari.

La Grotta dell’Anzarro che va dal Vallone delle Querce al Vallone del convento, non è praticabile perché pare che, per la mancanza di ossigeno, (o per prodigio) vi si spengono lumi e candele; si dice che una donna, per andare a legna, vi cadde e vi lasciò la vita, ragion per cui si vede di notte, con accanto un fascio di frasche e le mani intrecciate sulla nuca, mentre chiede soccorso alla figlia.

Vengono chiamati coppuluni e armanii. Armanio significa bestia.

Costume tradizionale: "Scalze, mezze calze, gonna blu sopra la vita, sicché questa non comparisce, e la donna pare un pezzo di legno. Basso il corpetto, attaccato alla gonna, sicché tutte le poppe traspaiono sotto la camicia, maniche staccate di vario colore con mostre interne, e perciò le svoltano. In capo il ritorto bianco, nessun distintivo tra vergine e maritata. Questa si mette l’anello il dl che va sposa, poi se lo leva. Non si conoscono gli orecchini. Sul Tirreno non portano vantera, ma un panno nero che scende pari al curiettu (gonna) e detto faudiglio".

Tratto da L.Bilotto - Itinerari della provincia di CS

 

CAPPELLI B., Blanda e Tortora in "Brutium", n. 4-5-6, 1931;

FULCO L., Memoria di Tortora;

LIBERTI R., Un processo per stregoneria a Tortora, Reggio Calabria, 1965;

IDEM, Francesi e briganti a Tortora durante il "decennio", Reggio Calabria, 1966.

 
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