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SANGINETO

C’è chi sostiene che il nome sia dovuto alla devozione verso San Genito, altri ritengono sia stata sede della enotra Tigella, o Thyella o Tileto; è più probabile, però che l’omonima famiglia normanna che governò su Altomonte ed altri centri della Calabria settentrionale, e per le cui vicissitudini si rimanda a quella località, vi ebbe giurisdizione feudale. Notoriamente la linea maschile del potente casato si estinse affidando la prosecuzione delle proprie fortune a quella femminile che confluì nei Sanseverino di Bisignano. Costoro, nel 1605, all’apice della loro sventura economica, lo alienarono in favore dei Mayorana che diventarono appunto, marchesi di Sangineto (a. 1625).

Nel 1737, vi subentrò la famiglia Firrao, principi di Luzzi i cui discendenti vi governarono fino all’arrivo delle leggi eversive dei Francesi (1806). Secondo altri studiosi il paese venne fondato dai superstiti di Civitas, centro posto nella contea di Benevento e distrutta dai Longobardi nel 680.

La chiesa parrocchiale, venne eretta nel sec. XIV e rifatta nel 1567. Il portale, gotico trecentesco, è superstite a questo rifacimento attestato dalla lapide con stemma in pietra scolpita posta sulla facciata. All’interno si custodisce un interessante fonte battesimale ligneo del sec. XVII, di forma poligonale, intagliato e decorato con motivi floreali. Di discreta fattura, le statue processionali. In sagrestia, argenterie sacre del sec. XVIII. Sul litorale, il castello angioino, a forma quadrata, è del sec. XV; vi restano le mura perimetrali diroccate e avanzi delle torri e bastione. Bello il loggiato scoperto di tipo rinascimentale con arcate a tutto sesto, addossato in un secondo momento alla primitiva struttura. Venne eretto dai conti Sangineto, passò poi agli altri feudatari che si avvicendarono alla guida del paese.

Qui si usa far dono di fichi il primo maggio perché si crede che chi non li riceve verrà morso dagli animali.

Costume tradizionale: <<corpetto di panno colorato celeste, ornato da merletti e trine, allacciato sul petto. Maniche staccate dal busto per lasciare sbuffare la camicia bianca>>. La sottana era confezionata con un tessuto filato di seta e lana tinti di rosso. Tale colorazione si otteneva mettendo a bollire nell’acqua il mallo delle noci e la bacca rossa di una pianta cespugliosa chiamata "mbrica fucu". Per confezionare una di queste gonne occorrevano sette metri di stoffa che veniva "plissettata" alla vita, sino ad ottenere una specie di cinturone.

Anticamente a Sangineto erano attivi alcuni mulini ad acqua e i telai a mano per la tessitura della seta, della lana e della stoppa che si ricavava dalle ginestre nel modo seguente: in autunno si falciavano i virgulti di ginestra che crescevano al posto delle piante abbattute in precedenza. Raccolti in mazzetti e bolliti, questi fascetti, si mettevano a macerare per 48 ore nelle acque di un fiume. Poi venivano sfilacciati e battuti con una mazza di legno, finché restavano le fibre che venivano filate. Con i tessuti di lana e stoppa, ottenuti dai telai a mano, si confezionavano coperte; con la stoppa di ginestra, sacchi, bisacce, sacconi per materassi; col filato più sottile, lenzuola.

La Madonna del Rosario, insolitamente, si festeggia il 24 e 25 gennaio in ricordo dell’alluvione del 1848, quando si verificarono paurose frane e smottamenti.

Tratto da L.Bilotto - Itinerari della provincia di CS

 

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