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SAN PIETRO IN GUARANO

La storia di questo paese è intimamente legata a quella degli altri casali cosentini. La vecchia chiesa parrocchiale di fondazione secentesca, opera di artieri locali, è oggi una vecchia costruzione dalle belle forme tardo-rinascimentali. La nuova chiesa, dedicata a Santa Maria in Gerusalemme, ospita la vita religiosa del paese. Edificata nel giorno di San Pietro del 1892, presenta una navata dalle proporzioni di una cattedrale, anzi, contiene proprio l’altare marmoreo e la balaustra della Cattedrale di Cosenza. Sulle pareti, statue processionali: San Giovanni Battista, San Rocco, Sant’Antonio (sulla destra); Madonna del Carmine, Santa Teresa, Sacro Cuore (sulla sinistra); nell’apposita cappella, sul lato sinistro, Madonna del Rosario, statua lignea del ‘700. Più in alto, sulla parete sinistra, tre affreschi di Settimio Tancredi: Cenacolo, Consegna delle chiavi a San Pietro, Discesa dello Spirito Santo.

Gli altri dipinti contenuti in questa chiesa meritano alcune considerazioni: fino al 1938 fu parroco don Pietro Napoli il quale, tra le sue tante occupazioni, amava dipingere. Non disegnava per prima i suoi soggetti, ma li sceglieva dai libri sacri o dalle immaginette, spesso da artisti famosi; ingrandiva queste opere con la lavagna luminosa, ne ricalcava le linee e le ridipingeva. Ecco perché ci troviamo di fronte non ad un ciclo pittorico omogeneo (i misteri, oppure scene bibliche, o della vita della Madonna ecc.), ma ad opere isolate e, in quanto a significato liturgico, non accostabili tra loro.

L’arco santo contiene dipinti con angeli musici; la cupola dell’abside é affrescata da Saverio Presta; nelle lunette, gli Evangelisti. Sull’altare maggiore, in una apposita nicchia, statua della Madonna di Gerusalemme. In evidenza ancora, bassorilievi su cui sono effigiate le stazioni della Via Crucis opera di maestri intagliatori di Ortisei, una croce astile argentea dell’800, un crocifisso ligneo dell’800 e una statua lignea di Cristo morto, sempre del sec. XIX.

Nella chiesa di San Pietro Apostolo, dipinti di Antonio e Francesco Lupi raffiguranti episodi della vita del santo titolare (1888) e San Michele (1876). Ignoti artisti dell’800 hanno dipinto: Incoronazione della Madonna tra i SS. Pietro e Francesco d’Assisi, Ascensione, Madonna allattante con i SS. Giovanni, Filomena, Andrea e Luigi, Madonna col Bambino (soffitto). Di un certo interesse le statue lignee: Santa Filomena (‘800), Addolorata (‘800), Cristo alla colonna (‘800); sull’altare maggiore San Pietro (‘800), con ai lati San Luigi (‘700-’800) e Santa Lucia (‘700).

Durante la festa del maiale, che qui come altrove ha larga diffusione, se la padrona di casa è incinta, si prova a diagnosticare il sesso del nascituro. Si getta il rene del maiale, leggermente tagliato con un coltello, nella caldaia dove è stato messo a bollire il grasso; dopo qualche tempo, si scruta il rene e se è rimasto aperto, vuol dire che nascerà una femmina, se si è chiuso, allora verrà alla luce un maschio.

Come in altre manifestazioni della vita comunitaria, ad annunciare, partecipare e scandire l’evento luttuoso era la campana. Se il morto era spirato durante il giorno, le campane suonavano tutta la notte. I rintocchi variavano a seconda che si trattasse di un uomo (tre rintocchi), di una donna (due rintocchi) di un sacerdote (dodici rintocchi) o di un bambino (a stormo o, come si dice da queste parti, a gloria). Il batacchio teneva anche conto della stratificazione sociale del paese: una sola campana suonava alla morte di un popolano, due a quella di una persona agiata, tre alla scomparsa di un ricco. Si dice anche che nell’ora in cui si avvicina la morte, amici e parenti già trapassati, vengano a visitare il moribondo per accompagnarlo nella sua ultima dimora. Anzi ci si preoccupa di riempire d’acqua tutti i recipienti della casa perché le anime assetate possano ristorarsi. Si credeva che l’agonia fosse più dolorosa per chi avesse portato a casa legna col vischio.

Volgendosi verso le contrade Furchi e Nicolicchio si arriva al Monte Margherita che ricorda la leggenda di una ricca donna uccisa da un uomo di nome Raone che, in passato, molti dicono di avere visto. La gente di passaggio, per mostrare coraggio o, peggio, per esorcizzare la paura, diceva: «Margherita, Margherita, jettami na munita».

Tratto da L.Bilotto - Itinerari della provincia di CS

 

INTRIERI L., La lotta per la terra, Cosenza, Fasano, 1977;

IDEM, Politica e società in Calabria tra Ottocento e Novecento, Roma, La Goliardica 1983, pp. 233-270;

IDEM, La parrocchia di S. Maria in Gerusalemme in San Pietro in Guarano, in «Rivista Storica calabrese» R. C., 1983, pp. 283-291;

IDEM, Economia, demografia ed emigrazione a San Pietro in Guarano, in «L’emigrazione calabrese dall’unità ad oggi», Roma, Centro Studi Emigrazione, 1982, pp. 57-64.

 
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