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SAN MARTINO DI FINITA

Fondato dagli Albanesi nella seconda metà del ‘400, inizialmente, appare come casale di San Marco; nel 1502 viene infeudato alla famiglia Rossi che lo aliena solo nel 1687 in favore degli Alimena; costoro, nel 1730, vi hanno concesso il titolo marchesale e vi dominano fino all’eversione della feudalità.

La chiesa parrocchiale, edificata in stile barocco da maestranze municipali, è stata più volte restaurata. La torre campanaria quadrangolare ha aperture a monofore. All’interno sono custodite delle statue processionali: Addolorata, Madonna del Rosario (in ottone e legno di ignoto del ‘700), Immacolata (in legno del ‘700), busto dell’Ecce Homo, San Michele (in cartapesta dell’800), Sant’Atanasio, busto ligneo di San Francesco di Paola (del ‘700), Madonna del Carmine (in legno del sec. XVIII), San Giuseppe (del ‘700 in legno), San Martino vescovo (in cartapesta dell’800), San Martino a cavallo (in legno del sec. XIX), Santa Rita (in legno del sec. XVIII), Sacro Cuore (in cartapesta del sec. XIX).

Nella chiesa della Misericordia, decorazioni barocche e le statue lignee di San Pietro (sec. XIX), San Giovanni Battista (sec. XIX), Santa Maria della Misericordia opera lignea di F. Gullo del sec. XIX. La titolare è effigiata su una tela del ‘700. Interessante il palazzo di Giacinto Alimena che era un attivo centro di produzione artigianale di prodotti tessili.

San Martino è nota per le sue fontane: Croi Bagnoce (la fonte del bagnarsi) dove si attinge l’acqua alla vigilia delle nozze di una promessa sposa onde lavarsi prima del matrimonio, il trasporto e l’assistenza al bagno era consentita solo alle vergini amiche; Croi Giuàn (fonte Giovanni) prende nome dal monaco che, durante il periodo della quaresima, molestava una ragazza di San Martino e che venne ucciso dai fratelli proprio presso questa fontana; Croi i puttyriy (fonte della meretrice) presso cui veniva ammazzata una meretrice dal fratello che l’aveva sorpresa mentre esercitava la sua attività. Si dice che il telaio fosse stato inventato dal diavolo per fare impazzire le donne. I primi telai, racconta G. Palange «apparentemente erano perfetti però mancavano delle verghe atte a regolare l’ordito e ad impedire che i fili s’aggrovigliassero; per cui le tessitrici perdevano la tramontana ad annodare e riannodare i fili che si spezzavano di continuo». Sant’Anna di passaggio dal paese inserì nella struttura del telaio gli elementi mancanti affinché tutto potesse procedere linearmente. Ma il malignò preparò il suo "colpo di coda", e con un sortilegio fece sì che, iniziata "l’annodatura", non si debba smettere di lavorare fino a chiudere la "bocca dell’ordito", se no i bambini che verranno alla luce in quella casa nasceranno muti.

Tratto da L.Bilotto - Itinerari della provincia di CS

 
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