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CETRARO

La sua nascita si fa risalire alla regina Lampezia, della quale originariamente portava il nome e che avrebbe deciso e realizzato 1a sua edificazione. Scrittori dell'antichità classica quali Plinio Polibio ne attestano l'esistenza, ai loro tempi. Fin dal 1086 appare sottoposta alla giurisdizione dell'abbazia di Montecassino dalla quale proveniva l' abate subalterno che doveva dar conto della sua amministrazione civile e religiosa alla casa madre; era stata Sigilgaita, seconda moglie di Roberto il Guiscardo a fare questa donazione ai monaci di San Benedetto. Come tante altre comunità costiere, ebbe a subire numerose e funeste incursioni barbariche. Fino a tutto il Seicento, fu rinomata per le sue attività marinare, in special modo per la produzione di reti e cordami, ma anche per la presenza nella sua marina, di un regio arsenale per la costruzione delle navi da guerra. Il nome deriva dalla copiosissima produzione di cedri che la caratterizzava in passato, coltura oggi poco praticata ma che, in quella zona ha il suo habitat naturale. Ecco il nome medioevale Citrarium, poi Cetrara è riferito proprio a questa produzione. Il suo porto il 18 settembre 1190 offriva ospitalità a Riccardo Cuor di Leone che vi si fermava in attesa di imbarcarsi per Messina onde avviarsi in terra Santa a combattere la crociata. Negli anni successivi accrebbe la sua importanza come approdo tanto che nel 1487 venne progettata una fortezza in sua difesa. Ma la nefasta incursione del pirata Barbarossa DEL 1534, provocò gravissimi danni distruggendo anche sette galeoni che si stavano costruendo nel cantiere navale. Fu questo il colpo decisivo per spegnere questa importante risorsa che non riuscì a rinascere neanche dopo le favorevoli disposizioni governative in suo favore.

La parrocchiale, sotto il titolo di San Benedetto, è un edificio di fondazione rinascimentale ristrutturato nel periodo barocco a cui si richiama la facciata. Il portale in pietra è frutto di maestranze regionali; al di sopra, statua del santo titolare scolpita in marmo in misura terzina, probabile opera di scultore napoletano del Settecento. L'interno colpisce per la sua vastità e per le decorazioni barocche. Vi si conserva una statua lignea di ignoto calabrese dell'800 raffigurante la Madonna del Rosario e una di Cristo risorto del seri XIX. I dipinti sono dedicati a: Madonna col Bambino e anime purganti di ignoto del seri XVIII Madonna del Rosario con i SS. Francesco di Paola e Giuseppe, Comunione degli Apostoli (sec. XIX). Il coro ligneo e il confessionale sono opera di intagliatori locali del secolo XIX; della stessa epoca è un organo a canne, mentre un altro è del `700. Ricca l'argenteria custodita in sagrestia: ostensorio , calice, turibolo, navetta, corone, croce processionale, tutte opere di argentieri meridionali del secolo XIX.

Su uno sperone roccioso, verso sud, è posto il moderno oratorio di San Francesco di Paola; alla chiesetta si accede tramite una pittoresca scalinata; la facciata è compresa tra due torri campanarie a pianta quadrata con monofore ad arco a tutto sesto ; l' interno è mononavato e contiene un'immagine del santo di Paola.

Il monastero del Ritiro, già oratorio conventuale del Cinquecento, conserva i ruderi del chiostro edificato nel secolo XVI e fatto restaurare dal Beato Biagio Durante di Luzzi nel 1812.

Della facciata spiccano immediatamente un atrio ed un portale gotico dall' archivolto scolpito in pietra di Fuscaldo a fasci di costoloni, con pieddritti a colonnine e capitelli. Opera delle medesime maestranze era il chiostro che mostra, superstiti, solo due alette in doppio ordine.

La serie inferiore degli archi acuti che negli anni trenta il Frangipane cercò tra ruderi ammassati alla rinfusa o la su pilastri bassi, sempre scolpiti dai capimastri medievali del comprensorio di Paola, Bisignano, Montalto e Cosenza, utilizzando la pietra locale e seguendo i canoni dell'architettura gotica dei secoli XIV e XV. All'interno, in fondo alla parete absidale, grande icona marmorea della Madonna delle Grazie poggiante su una base, sulla cui facciata principale, reca scolpita la Natività La statua della Vergine col Bambino benedicente in braccio è in buono stato di conservazione.

In altre due nicchie laterali sono poste le statue dei Santi Francesco d'Assisi e Antonio da Padova; al di sopra delle nicchie, due angeli scolpiti che reggono ciascuno in mano la corona della gloria dei due santi . L' intero monumento e diviso in tre scomparti da 4 colonne marmoree scolpite a bassorilievo con fregi e teste di cherubini al di sopra delle quali, dopo un cornicione orizzontale, sono poste delle lunette scolpite a bassorilievo che raffigurano l'Annunciazione della deposizione. Al di sotto della statua della Madonna, è incisa la frase: Deo Op. Max Deiparae Mariae D. Francisco et Antonio marmoreum Sacellu Dicavit Hippo lita De Matteo-Sculpsit Bapt. Mazo lus M. An. MDXXXIII. E' chiaro quindi che il lavoro fu eseguito su commissione dal messinese Giovambattista Mazzo lo nel 1533, a devozione della Madonna e dei santi ritratti. Si coglie l'occasione per evidenziare come lo scultore, allievo del Gagini, carraresi: di nascita, stabilitosi a Messina agli inizi del secolo XVI, eseguisse insieme col figlio Giandomenico, numerose opere in tutta la Calabria. Le prime notizie sulla chiesa di San Pietro, con annesso convento dei Cappuccini ci sono date da una relazione compilata nel 1650 , In seguito alla decisione di Innocenzo X di sopprimere tutti i conventi con meno di sei religiosi . Vi si riporta che la Struttura monastica era stata fondata ,<<secondo la povera forma cappuccina>> nel 1617 col consenso dell' abate di Montecassino e

con i soldi dell'Università di Cetraro e delle elemosine dei fedeli, tra i quali, il più generoso, era stato Giovanni Falcone. In realtà la costruzione ebbe inizio solo l’ anno successivo e la data citata è da intendersi come inizio delle pratiche burocratiche. La costruzione non dovette essere particolarmente celere se si pensa che il convento venne abitato solo nel 1634. Nel triennio 1709-1711 , vi era uno studio teologico ed il Beato Angelo di Arti ne era il guardiano.

I suoi rapporti con l'abate del tempo, Idelfonso del Verme (futuro abate di Montecassino), erano più che fraterni e pare che lo stesso religioso di Arti gli predicesse la sua promozione che, a quel tempo, appariva irta di ostacoli. Quando la profezia si avverò, il Beato Angelo fu chiamato più volte ad operare in territorio cassinese. Egli ritornò spesso a Cetraro paese che considerava la sua seconda patria e al cui convento volle lasciare un simulacro della Addolorata col Cristo morto in braccio: lei era il suo amore più grande, dopo il Crocifisso. L'attività del monastero fu molto intensa fino al 10 gennaio 1811, data della sua soppressione. Venne riaperto nel 1818; intanto però il giardino era stato venduto a un tal Saverio di Giacomo che successivamente lo riconsegnava ai frati a condizione di doversi maggiormente solennizzare la festa della beatissima Vergine Addolorata. Le condizioni di vita dei religiosi non erano particolarmente pesanti se si pensa che, addirittura, nel 1858, venne acquistata una grotta nei dintorni di Guardia Piemontese, affinché‚ i frati vi avessero un punto drappeggio per potere fruire delle cure termali. La seconda soppressione avvenne intorno al 1865. Il convento ed il chiostro vennero gestiti dall'abate di Montecassino tramite la Congregazione di Carità. Nel 1921 fu offerta la possibilità ai Cappuccini di riavere quegli immobili, però le elevate spese di gestione fecero cadere la proposta. Fu così che il convento venne ingrandito per essere adibito ad ospedale civile; oggi è utilizzato quale istituto scolastico.

La chiesa, come si vede oggi, non si scosta molto da come era in passato se si fa eccezione per la mancanza degli altari laterali in legno. L' interno è mononavato e, sulla volta, presenta affreschi raffiguranti la vita di Gesù. A sinistra, cappella con crocifisso ligneo del `700; poi, statue sette - ottocentesche dedicate rispettivamente a: San Giuseppe col Bambino, Deposizione , Sant ‘Antonio da Padova, San Pietro vescovo. Ancora: acquasantiera marmorea, piccola tela della Madonna di Pompei, statua di Sant 'Anna. A sinistra, tela raffigurante il Cenacolo, segue statua del Sacro Cuore . L'altare maggiore è sovrastato da una grande ancona lignea intagliata del seri XVIII, con stilobate sormontato da colonne lignee e capitelli, trabeazione e ricca cimasa a festoni e volute, opera barocca di artisti regionali; al centro, ciborio in legno a forma templare riccamente decorato d' intarsi in madreperla, eseguito nel 1746; l'opera del tipo monastico, ricorre spesso nelle chiese cappuccine di Calabria perché, generalmente gli autori sono dei monaci particolarmente bravi nello scolpire il legno.

Ogni mese di settembre, durante la festa dell'Addolorata, viene esposto il simulacro lasciato dal Beato Angelo nel 1737.

Da qualche tempo , durante le celebrazioni per la festa di San Benedetto, si ripropone una vecchia tradizione che vede otto rioni del paese, ognuno con colori, vestiti e vessilli propri, gareggiare e sfilare per le antiche strade.

Alla falde del Timpone della Serra, c' era una buca molto profonda dove gli animali che vi cadevano scomparivano senza dare più segni di vita e dalla quale usciva un'aria calda usata dai pastori per riscaldarsi nelle giornate d'inverno.

Tratto da "L.Bilotto" - Itinerari culturali della provincia di Cosenza

 
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