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CELLARA

Altro casale la cui origine è comune agli altri centri nati all’indomani delle invasioni saracene su Cosenza o ripopolati dai profughi di quella città.

E’ opinione comune che il nome sia derivato dai cellari che altro non sarebbero che i depositi del vino che viene prodotto da queste parti, dimostrando anche la particolarità dei suoi vigneti. Come altri centri limitrofi, ebbe a patire gravi danni dal terremoto del 1638 e a subire una breve infeudazione al granduca di Toscana terminato con la rivolta di Celico (23 maggio 1647). Secondo l’ordinamento voluto dai francesi, faceva parte del Governo di Pietrafitta; con riordino del 1811, passava nella giurisdizione di Aprigliano, posizione che veniva riconfermata nel 1816. Con decreto del 12 Agosto 1877, veniva incluso un elenco dei paesi che esercitavano gli usi civili in Sila. Originariamente esistevano a Cellara due parrocchie, la prima sotto il titolo di San Pietro, l’altra, di Sant’ Angelo delle chiusure che risulta attiva già nel 1188 con un convento di Benedettini in contrada “Gesuri” .

Dopo il terremoto del 1638 venne distrutta e non riedificata.

La chiesa di San Pietro, col campanile a pianta quadrata e con monofore e parapetto a colonnine, è di origine incerta; qualcuno ipotizza che esistesse già prima di quella dedicata a Sant’Angelo. All’interno, il primo altare a sinistra, in legno del sec. XVII,

è delimitato da due colonne tortili finemente lavorate, con capitelli compositi; restaurato nel 1904, conteneva una tela raffigurante la crocifissione; alla base il bassorilievo, fiori di girasole. Sul secondo altare di sinistra, che risulta meglio lavorato degli altri, olio su tela raffigurante la Madonna degli angeli col bambino e i SS. Francesco di Paola e Espedito del ‘700 – ‘800.

Nella navata destra, il primo altare, che era dedicato a Sant’Orsola e conteneva le sue reliquie, andò distrutto, forse da un incendio; sul secondo altare, olio su tela di anonimo raffigurante la Madonna del Carmine tra San Simone Stock e Santa Teresa d’Avila con due putti che reggono la corona della vergine.

Sull’altare maggiore, tre nicchie con altrettante statue; quella centrale custudisce un crocifisso; anche nelle absidi laterali, nicchie con statue processionali (Madonna col Bambino e Sant’Antonio da Padova).

Nel vecchio borgo, ancora visibili elementi di case signorili. In località Pantano, sorge una chiesetta dedicata a San Michele Arcangelo, con lo scopo di sostituire quella di Sant’Angelo .

Si crede che chi nasce di venerdì si ammali di impetigine (pitijina), malattia molto diffusa in passato. Per guarire l’ammalato doveva per tre giorni consecutivi, all’alba, recitare le seguenti parole:<<Pitijina, pitijinata, tu di vennari si nata, di sabatu si crisciuta, di duminica si sprejuta >>. Chi vuole sapere dov’è nascosto un tesoro deve cercare il luogo dove sosta una gallina nera; ogni tentativo è inutile se il pennuto è bianco.

Tratto da "L.Bilotto" - Itinerari culturali della provincia di Cosenza

 
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