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AIETA

Da un modesto villaggio di nome Itavetere, in seguito alle imprese vittoriose di Niceforo Foca dell'885, sorse un importante centro ulteriormente incrementato all'epoca della florida Eparchia del Mercurion quando i Basiliani edificarono il monastero di Sant'Elia Profeta. Tuttavia, la natura impervia del suolo e la sua cattiva esposizione, convinsero gli abitanti a costruire un nuovo paese nell'attuale sito che prese il nome da aetos (aquila).

E' probabile che la denominazione derivi dalla sua posizione particolare, oppure dalla presenza di tali pennuti da quelle parti. Non è sicuro se fu il feudatario Goffredo di Aita a prendere il nome del posto o se avvenne il contrario. Certo è, invece, che i Basiliani, vi lasciarono un'impronta ben visibile: il paese diventò un centro grecanico importante per tutto il Medioevo e le tracce delle fortificazioni per le continue incursioni saracene, fanno intravedere anche il ruolo difensivo che i Bizantini gli attribuirono.

La sua storia feudale ha origini antichissime: alla fine del primo millennio risulta feudo di Normanno ed Adelazia. In seguito vi appaiono i de Giffone, i Loria, i Villano, i Martirano, gli Spinelli. La parrocchiale di Santa Maria della Visitazione, ha una bella facciata del 1756 e un portale in pietra. L'interno è a tre navate decorate a stucco. A destra, sul primo altare, Madonna del Carmine di Dirck Hendricksz; sull'altare maggiore ad intarsi e marmi policromi del 1649, è posta la Visitazione della Vergine, olio su tela attribuito a Francesco Santafede dipinto nei primi anni del sec. XVII, infatti mostra più d'una somiglianza con la Samaritana, conservata nella chiesa del Pio Monte della Misericordia a Napoli datata 1612; segue pala d'altare marmorea di epoca rinascimentale (1514) decorata a bassorilievo con immagini dello Spirito Santo e testine di putti. A sinistra del presbiterio, cappella con affreschi secenteschi raffiguranti scene della vita della Madonna e figure di profeti (sulla volta); v'è anche una tela che raffigura l'Assunzione, copia del dipinto col medesimo soggetto opera di Marco Pino ad Acquaformosa. In sagrestia, croce astile di bottega partenopea del '600; Madonna col Bambino benedicente alla maniera greca, tavoletta quattrocentesca proveniente dalla cappella di San Nicola; reliquiario del sec. XIX; pisside del '700; calice del sec. XIX; corona con la sigla G.A. (sec. XIX), opere di argentieri napoletani. Gli altri dipinti raffigurano: Santo domenicano di ignoto del sec. XIX, Incoronazione della Vergine di ignoto del '700, Madonna del Rosario tra San Domenico e San Vincenzo Ferreri di seguace di A. Sarnelli (1742-1793) posto su un altare marmoreo del 1750.

Degni di nota sono anche un crocifisso del 1747, un crocifisso del '500-'600, un mezzobusto di San Giuseppe del '700, un presepe del sec. XIX, opere di anonimi scultori calabresi. Un'edicola marmorea è del 1511; le panche corali, del 1719; il portello argenteo del ciborio del '600; un'acquasantiera del '700, un organo del '700, una statua dell'Addolorata del XIX (ignoto scultore calabrese). L'altare maggiore, opera di maestranze calabresi, è del 1877. Il coro e gli stalli lignei sono di artieri provinciali del '600. Il palazzo feudale, costruito dai Martirano nel '500 ed abitato dai Cosentini, marchesi di Aieta, e poi, dal 1799 dagli Spinelli di Scalea, notevolmente danneggiato dal terremoto del 1783, ha la grande facciata principale in stile rinascimentale, con un elegante loggiato composto da cinque archi poggianti su colonnine toscane, con balaustra e cornicione decorato da protomi leonine. L'interno mantiene soffitti lignei e frammenti di colonne classiche provenienti dall'area archeologica di Blanda.

La cappella dedicata a San Giuseppe, gentilizia della famiglia Cosentino, un cui esponente (Domenico) la fece edificare nel 1724, contiene una lapide attestante la sua fondazione, uno stemma feudale e colonne, anch'esse provenienti da Blanda. La quattrocentesca chiesa dei Francescani Osservanti con annesso convento, mostra un interessante oratorio più volte rifatto (più recentemente nel 1903). L'interno contiene lapidi sepolcrali ottocentesche, una bella Madonna col Bambino del sec. XV e decorazioni in stile rinascimentale. Nell'800 si andava ad attingere acqua ad un pozzo situato in una grotta scavata all'interno del monte Vinciuolo.

Gli abitanti venivano chiamati nivuruni e ciavulari, busciari e fantastici.

Costume tradizionale: "Gonna arricciata, come cotta di canonaco, di frannina turchina con lembo scarlatto. Busto allacciato di color vario; maniche staccate, e mostre ai polsi; camicia col pizzillo; calze tinte con robbia. Non intrecciatoio. Sinale di stoffa. Nulla distinzione tra zitella e maritata".

Tratto da "L.Bilotto" - Itinerari culturali della provincia di Cosenza

 

CAPPELLI B., Aieta, in "Brutium", a XI, 1932, n. 3;

IDEM, Una carta di Aieta nel sec. XI , in "Arch. Storico Calabria e Lucania", a. XII, 211-216.

DOCTOR VERITAS, A te municipio di Aieta rovinato e ridotto al verde in gloria dei superiori da saggia amministrazione rovinato da un mulo del paese, Aieta, 30. VII.1878.

 
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