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AIELLO CALABRO

La parte terminale della strada che da Grimaldi porta al paese va percorsa con cautela perché particolarmente sdrucciolevole; se ne attribuisce la colpa ad un amore contrastato dai genitori di una ragazza la quale, per eludere la sorveglianza paterna, cosparse il fondo stradale di sapone e scappò col suo innamorato. Il padre in preda ad una rabbia furibonda non si accorse del trucco e si conciò veramente male. Lo stesso capita al malaccorto che non proceda con la necessaria prudenza.

Aiello si vuole fosse la mitica Tilesio, città scomparsa, o, forse, Atheja che alcuni studiosi collocano nei pressi di Corica. E' certo, invece, che fu abitata dai Greci scappati dopo l'occupazione araba della Sicilia nel 981. In seguito alle incursioni di altri Musulmani, la popolazione si disperse dando vita a tredici casali, a loro volta abbandonati quando la situazione divenne più tranquilla. Durante l'assedio del 1065, Ruggero il Normanno vi perse due suoi congiunti, Gilberto e Scolcando, che furono sepolti nell'abbazia di Sant'Eufemia. Negli anni successivi la conformazione urbanistica contribuiva a farla diventare una delle fortezze più importanti del Regno.

Fu quasi sempre casale demaniale; tuttavia, nel 1275, vi figura "utile signore" Ludovico de Royre, già possessore di Feroleto. Nel 1321, vi appare addirittura il fratello di Re Roberto, Giovanni conte di Gravina. Il 27 aprile 1463 Ferrante lo infeuda a Francesco de Siscar nominandolo contemporaneamente conte. Dal 1556, vi subentra la famiglia Malaspina. Ebbe a subire danni disastrosi dal terremoto del 1638; in quell'occasione, tra gli altri edifici, venne distrutta la cinquecentesca chiesa di San Nicola. Il castello dei Siscar, eretto nel sec. XV, di cui la stampa del Pacichelli mostra con eloquenza la sua possente mole, è posto in cima all'abitato in posizione panoramica e strategica; ha ponte elevatoio e cinque porte ferrate.

Tra i resti che vi rimangono superstiti alle erosioni del tempo e all'incuria degli uomini, sono visibili delle torri, torniere e cinque cisterne per il fabbisogno idrico della popolazione e altri elementi minori quali balaustre, muri perimetrali, torri angolari speronate. Il palazzo Cybo Malaspina, poi Giannuzzi, sito in Piazza Plebiscito, venne eretto nel sec. XVI con consistenti rifacimenti nel corso del '700. La facciata è in travertino con balconi e finestre con ricca trabeazione, androne di tipo romanico con nicchie e decorazioni in pietra eseguite tra il '500 e il '600, e stemma della famiglia Giannuzzi; nella facciata laterale, spicca una ringhiera in ferro battuto. Il settecentesco palazzo Viola colpisce per le sue decorazioni.

In prossimità dell'antica porta del Tubolo, su uno sperone roccioso, si erge la chiesa di Santa Maria Maggiore edificata, secondo Rocco Liberti, prima del mille, secondo il Barillaro nel 1321 con l'elevazione in parrocchia nel 1417. Ha un portale rinascimentale in tufo opera di scalpellini regionali del 1493, contiene motivi floreali e capitelli reggenti un'ampia trabeazione entro cui si staglia un arco a sesto acuto a più scanalature; i costoloni laterali sono aggettanti; il campanile con monofore è del sec. XVI. La chiesa reca ancora visibile parte della struttura uguale a quella disegnata nella stampa del Pacichelli. L'interno trinavato secentesco, contiene altari marmorei del sec. XIX; un tempo aveva delle cappelle delle quali è‚ ancora qualche traccia.

In quella dedicata a San Geniale, eretta nel 1821, era posta una statua del santo scolpita in legno a mezzobusto, del sec. XIX, tuttora esistente. L'altare maggiore ‚ in marmi policromi e reca incisa la data di costruzione (1776) sulla porta del ciborio; l'ignoto artiere napoletano è autore anche della balaustra sulla quale sono riprodotti stemmi vescovili. Sull'arco trionfale della navata è incisa la data di costruzione: 1678. Intorno al 1820, oltre all'acquisto di un pulpito, la chiesa si era dotata di una cantoria per la pitturazione della quale venne incaricato Raffaele Aloisio. Nel 1800 fu acquistato anche un nuovo organo in sostituzione di quello del 1792 ormai inutilizzato. Il Liberti opina che il culto di questo santo sia sorto ad Aiello il 4 maggio 1656 data in cui fu ottenuta da Papa Alessandro VII la concessione delle sue reliquie. Nella cappella del SS. Sacramento ebbe vita un'attivissima omonima confraternita laicale.

Degne di rilievo sono ancora le seguenti opere: Acquasantiera marmorea del '700; statua lignea di San Giuseppe col Bambino di ignoto scultore meridionale del '700; statue dei SS. Rita, Liberata, Francesco di Paola, Madonna del Rosario, Sacro Cuore; crocifisso ligneo di ignoto locale del sec. XIX. Un ostensorio in argento sapientemente lavorato a getto e a cesello con raffigurazioni naturalistiche ed angeli, in due pezzi, con piede a volute in stile Luigi XVI, appartiene alla confraternita del SS. Sacramento. In evidenza, le stazioni della Via Crucis. La chiesa di San Giuliano venne eretta nel centro del paese sicuramente tra la fine del '400 e la prima metà del '500. All'interno, abside originaria del periodo rinascimentale e cappella del Carmine con altare marmoreo e tre dipinti di Raffaele Aloisio: sul soffitto la Madonna del Carmine con i SS. Pietro e Paolo; alle pareti affreschi raffiguranti la Sacra Famiglia e la Decapitazione di S. Giovanni Battista. Di particolare interesse, un paliotto ligneo barocco del '700, con fascione a ricco intaglio e pannelli centrali decorati a rilievo. Inoltre, statua della Madonna del Carmine di ignoto dell'800, porticina di custodia in argento, organo di Domenico Roppi del 1828. La chiesa dei SS. Cosma e Damiano eretta in località San Cosmo, ha un bel portale del sec. XVII scolpito da maestranze della Valle del Savuto ed un organo di Gaetano Avena del 1827. Vi aveva sede la confraternita dell'Immacolata nella quale era in primo piano la locale borghesia. E' il caso di evidenziare come in questa chiesa avesse sede una antica e, per certi versi misteriosa, confraternita denominata Santa Maria dei Battenti, con chiaro riferimento non solo alle congreghe dei Flagellanti nate nel Medioevo nell'Italia centro-settentrionale, ma anche ai "vattienti" della non lontana Nocera Terinese.

La chiesa di Santa Maria delle Grazie faceva parte del convento dei frati Minori la cui costruzione venne autorizzata da Papa Sisto IV nel 1472. In una relazione del 1565 risulta esserci un "monastero Santa Maria della Gratia dell'ordine di santo Francesco Zoccolante". Il terremoto del 1638 fu particolarmente inclemente con la struttura del convento al punto che ancora alla metà del secolo successivo, venivano eseguiti dei lavori di ricostruzione. Con ogni probabilità, l'edificio aveva anche una cappella dedicata a San Geniale con le reliquie del santo stesso. Della parte conventuale restano oggi solo dei ruderi; la chiesa si presenta con arcata in tufo decorata a grottesche e con cancellata in ferro battuto della seconda metà del '500; inoltre, pronao con architettonico prospetto di cappella di jus patronato del sec. XVI, appartenuta ai Cybo Malaspina, di cui è evidente ancora il blasone e un vecchio affresco della Madonna col Bambino. Sul portale è incisa l'iscrizione: A. D. N. I. 1735 F.C. All'interno, belle sculture marmoree di scuola napoletana del '500 sulle quali sono stati modellati l'Angelo annunciante e l'Annunciata, con altre decorazioni basali a rilievo. Il pittore Raffaele Aloisio, attivo nella zona, nell'anno 1834, ritrasse su due apposite tele la Madonna delle Grazie e una non meglio identificata santa martire, forse inizialmente appartenenti alla chiesa madre. Inoltre, stemmi marmorei policromi e organo del 1853 di Domenico Roppi.

Dei suoi abitanti si dice: "Aiellisi, scurciati 'mpisi, e della pelle, fattinni cammisa" (Aiellesi, scorticati e appesi e della loro pelle fanne una camicia). Oppure: "Ajiellu Ajiellu, allu megliu dù mangiari, tu stipati u curtiellu". Degli abitanti di Terrati si dice siano: "tignusi".

Tratto da "L.Bilotto" - Itinerari culturali della provincia di Cosenza

 

BORRETTI R., Aiello, antichità e monumenti, Cosenza, 1994;

COZZETTO F., La popolazione di Aiello Calabro nell'età moderna, Cosenza, Lerici, 1979;

GIULIO A., Canti di Aiello, in "La Calabria" a. IX, 1897, n.4, 15-16;

LIBERTI R., Storia dello stato di Aiello in Calabria (Aiello, Serra Aiello, Cleto, Lago, Laghitello, Savuto), Oppido M., Barbaro, 1976;

SOLIMENA S., Castellani e agenti di casa Cibo-Malaspina nell'ex stato di Aiello in Calabria, Firenze, Tip. Ramella, 1914.

 
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