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SANTA DOMENICA DI TALAO

Venne fondato nel 1620 da Giannandrea la Greca di Mormanno in un possedimento compreso nel feudo del principe di Scalea nei pressi della cappella dell’Annunziata al cui interno era custodita una tela raffigurante Santa Domenica.

Non è ben chiaro se questo signor la Greca fosse effettivamente un bovaro che vi svernava con i suoi armenti e che, non si sa per quale motivo, avesse deciso di erigervi un villaggio. In ogni caso, le sue possibilità finanziarie erano certamente superiori alla media degli altri guardiani o proprietari di buoi se è vero che lo stesso feudatario di Scalea vi cedette non poco terreno e pose addirittura la prima pietra del nascente borgo. Una sorta di esenzione fiscale favorì l’incremento della popolazione che nel 1669 era di 36 fuochi (circa 150 persone). La necessità di mano d’opera richiamò anche numerosi Albanesi. Dopo un periodo in cui appartenne alla baronia di Scalea, passò ai Sanseverino e poi, per successione femminile, ai Caracciolo fino al 1806.

La chiesa parrocchiale dedicata a San Giuseppe, si vuole sia sorta sulle rovine di un tempietto basiliano nel sec. XV; inizialmente mononavata, in prosieguo di tempo, venne ampliata con altre due navate che le conferirono la struttura a croce latina. L’aspetto esterno è veramente originale essendo composto da una massiccia torre campanaria sulla parte destra, con orologi e monofore; l’altezza è di mt. 22 e regge delle campane fuse nel 1903. L’interno è ormai rivestito completamente da stucchi barocchi settecenteschi, con altari marmorei della stessa epoca.

Vi si custodisce una tela di Paolo de Matteis del ‘700 raffigurante la Sacra Famiglia; in sagrestia si conserva una croce processionale d’argento del 1741. Sull’altare maggiore eseguito del 1725 e recante un bassorilievo, bella pala di anonimo napoletano e busto di San Giuseppe, scolpito in legno nel ‘600. Nell'abside, due nicchie contenenti rispettivamente le statue lignee di Sant’Antonio da Padova e San Francesco di Paola di anonimi del ‘700. Sono ancora da evidenziare quattro tele raffiguranti: Madonna del Rosario con San Domenico, recentemente restaurata; Madonna del Carmine con anime Purganti; Cenacolo, Santa Lucia, tutte di anonimi pittori del ‘700 e le Stazioni della Via Crucis, deteriorate tele ottocentesche di ignoto pittore calabrese.

Oltre ad una statua processionale lignea di San Luigi Gonzaga, del ‘700, sono presenti le seguenti sculture lignee: l’Eremita (sec. XIX), Bambin Gesù (sec. XVIII), Crocifisso (sec. XVIII), Madonna col Bambino (sec. XVIII), la Vergine (sec. XVIII). Sulla volta, affreschi con figure bibliche, Gesù che predica alla folla, Suonatore d’arpa, Samaritana, opere di Bonifacio Schifini del sec. XIX. Ancor degni di nota: coro e armadi lignei, organo, acquasantiere litiche, reliquiario in peltro e pulpito, tutti di artieri calabresi del ‘700, e lume ad olio in argento e peltro del napoletano Raffaele Perretti del 1839. In Via del Piano, settecentesca cappella della Madonna del Piano.

Interessanti il palazzo Campagna, eretto alla fine del sec. XVII, con portale e loggiato con quattro arcate in stile barocco; il palazzo Perrone (‘600); il palazzo Trifoglio (‘600-’700); il palazzo Lamboglia (‘700); il palazzo Nardi (‘700). Degna di nota anche la settecentesca chiesa della Madonna del Rosario.

Costume tradizionale: «Uomo: calzoni corti carbellisi, calza di panno bianco, giacca con due falde dietro. Donna: gonna nera, panno di castoro scarlatto».

Tratto da L.Bilotto - Itinerari della provincia di CS

 
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