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San Fili

 

Si vuole che questo sia il centro un tempo chiamato Felum, ma il nome San Fili o S. Felice si incontra in un documento del 1267 a carattere religioso e in uno della cancelleria angioina del 1270 che mette in rilievo uno “status” esistente già ai tempi dell’imperatore Federico. Nel 1276, appare il casale Sanctus Felix, nei registri della tassazione angioina che avveniva per fuochi e attraverso i quali, quindi, può essere calcolata con buona approssimazione la popolazione del tempo, San Felix, veniva tassata per once 11, tarì 4, e aveva 556 abitanti. Seguì per lungo tempo le vicende di Rende e del suo castello. Come è desumibile dalle non scarse documentazioni, appartenne sin dall’epoca sveva all’arcivescovo di Cosenza. Nel 1445 passò agli Adorno; nel 1532 ai marchesi di Rende e della valle Siciliana Alarçon Mendoza che vi ebbero giurisdizione feudale fino alla promulgazione delle leggi eversive (1806).

Si ricorda che la presenza ecclesiastica a San Fili si ha con la “chiesa emolitana” a partire dal VI secolo.

Si inizia la visita alla chiesa del Ritiro ex convento di Santa Maria degli Angeli di San Francesco d’Assisi, posta a bucita.

Risulta fondata nel 1612 per volere ed interessamento di fra Pietro da Cassano; soppresso il convento dalle leggi napoleoniche, nel corso dell’800 le sue peripezie non ebbero sorta: passò alla comunità del Ritiro derivante da quella di Rende, ebbe un cammino tortuoso fino a quando il vecchio giardino venne adibito a cimitero e la chiesa a chiesa cimiteriale.

Oggi (1992) è diventata una colombaia e un deposito di materiali vari. Tutte le opere d’arte sono state portate via; vi restano, in attesa di un definitivo degrado: i confessionali, il vecchio organo e la splendida statua marmorea posta in una nicchia alle spalle dell’altare maggiore e non si capisce perché non viene utilizzata in una delle chiese del paese. Tornati al centro del paese eccoci alla chiesa di Sant’Antonio Abate. Come viene testimoniato dal portale che grazie al suo ottimo stato di conservazione, presenta ancora le sue linee originarie, è di probabile origine cinquecentesca. Lo stesso stato di conservazione non può dirsi per il resto della facciata, tra l’altro di modeste dimensioni. All’interno colpisce una splendida saeri di quattordici raffigurazioni della via Crucis distribuite sulle due pareti della navata, ed eseguite da Cristoforo Santanna nel 1778. Nella parete sinistra del vano absidale, una stampa raffigurante il sacro cuore di Gesù; alle spalle dell’altare, un dipinto sette – ottocentesco del Sacro Cuore dall’insolita forma “stretta e lunga”. Verso il transetto, statua ottocentesca in cartapesta dello stesso titolare della chiesa, inoltre, crocifisso settecentesco dipinto che viene adoperato per le processioni.

Più avanti, la chiesa del Carmine, ristrutturata nei primi decenni di questo secolo con un ampliamento dell’aula. Precedentemente, aveva la facciata più arretrata rispetto a quella attuale. All’interno, sulla cantoria, dipinto settecentesco della Madonna del Rosario; sulla volta, Madonna del Carmine che appare a San Simeone; segue: Madonna del Carmine che consegna l’abitino; più avanti, angelo che salva le anime, tutte e tre le opere sono di G. Greco da Rende. Nel presbiterio, due statue una delle quali raffigura Sant’ Antonio. Nella nicchia dell’altare, statua della Madonna del Carmine coperta da una tenda; davanti, un quadro della Madonna di Pompei; sotto l’altare, statua raffigurante Santa Teresa. La presenza in una chiesa del Carmine di ben due dipinti raffiguranti la Madonna del Rosario sarebbe impossibile nella vicina Cerisano ove la rivalità tra le rispettive congregazioni è, da secoli, accesissima; una tale situazione, apparirebbe una provocazione. Più oltre la chiesa dell’Immacolata, da tempo in restauro. Vi si ammirano i seguenti dipinti di anonimi pittori del XIX secolo: l’Annunciazione, il Matrimonio della Vergine, Mosè e San Gioacchino, Presentazione di Gesù al Tempio, San Francesco di Paola inoltre organo settecentesco e altare del 1908.

L’edificio sacro più importante di San Fili, è senz’altro la chiesa dell’annunziata meglio nota come chiesa Madre. L’anno della sua fondazione non è noto; le prime notizie tratte dai benefici ecclesiastici e dedotti dal registro per la Calabria di padre Russo, si hanno a partire dal 1471. Appare col suo bel portale di notevoli dimensioni con molte decorazioni a foglia di acanto e a spirale, con arco a tutto sesto coronato da ricca cornice. Si tratta senza dubbio, di un pregevole esempio di arte barocca, scolpito in pietra tufacea, alla fine del ‘700, da Francesco Belmonte.

Il prospetto è completato da un alto campanile che si erge maestoso. È riquadrato in tufo e collegato alla chiesa da un singolare e pittoresco ponte.

L’interno è trinavato. Sul primo altare della navata destra, dipinto ad olio su telaa, raffigurante San Michele Arcangelo; sul secondo, una Madonna col Bambino e Santa Caterina d’Alessandria; sul terzo Crocifisso ligneo del ‘700 restaurato nel 1988; sull’altare maggiore, L’Annunciazione, tela di notevoli dimensioni dipinta nel 1782 e restaurata nel 1935 dal pittore Rendese Giuseppe Greco.

Interessanti inoltre due opere in legno: la prima è un altare in legno di noce nazionale, la seconda è un ambone (legio grande).

Nell’abside della navata sinistra, rappresentazione dell’Ultima Cena eseguita nella seconda metà del ‘700 e restaurata nel 1935. Più avanti, una crocifissione con due santi non identificati; a lato una bella statua di San Pietro d’Alcantara e, vicino, un’Annunciazione di poco pregio artistico. Vicino al portone principale, 2 acquasantiere ottocentesche in pietra nera sormontate da uno stemma raffigurante un’aquila a due teste.

A San Fili, il venerdì santo, quando si portano a casa la candele che hanno illuminato il santo Sepolcro, si ha cura di lasciarle accese, perché siano beneaugurali e per auspicare buona sorte. In caso qualcuna dovesse spegnersi, è segno che la fortuna non assisterà quella famiglia.

Dei suoi abitanti si dice:<< Ladracchiuni di San Fili; carvunari e pullidracchi di Bucita>>. Molto popolare è il detto:<< Renne e Santu Fili fatti a cruce quannu i vidi>>.

                                Tratto da "L.Bilotto" - Itinerari culturali della provincia di Cosenza

 

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