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PAPASIDERO

Sembra unanimemente ritenuto che questo paese sia sorto sulle rovine dell’antica Scidro e che il suo nome sia dovuto al capo di una comunità basiliana residente nel circondario: Papas Isidoros. Non è neanche da scartare l’ipotesi secondo la quale potrebbe essere stata una famiglia che vi ebbe titolarità feudale fino al sec. XIV, ad attribuire il nome all’abitato. Ultima supposizione è che sia dovuta a un omonimo fiume che scorre nelle vicinanze la denominazione del nascente borgo.

Con maggior precisione sappiamo che nel 1354 subì la sub-infeudazione del conte Sanseverino di Marsico alla famiglia Alitto che, in prosieguo di tempo, non ebbe discendenza. Dal 1726 al 1806 vi rimasero gli Spinelli di Scalea. Come s’è detto nella premessa a carattere storico, nella Valle del fiume Lao, nel 1960, il prof. Miglio scoprì una caverna preistorica destinata a costituire una pietra miliare per la storia della Calabria.

La grotta, esplorata più volte da esimi studiosi quali il prof. Graziosi, presenta il celeberrimo bos primigenius con bovidi di tipo mediterraneo, che rappresenta l’incisione rupestre più antica della regione e, contemporaneamente, la prima forma d’espressione artistica che vi si conosca, opera dell’homo sapiens. Con buona probabilità, l’incisione riporta ad una concezione totemaica della religione e alla simbologia della propiziazione dell’uomo cacciatore. Durante gli scavi effettuati, sono venuti alla luce oggetti e reperti attribuiti all’età epipaleolitica: si tratta di manufatti di tipo romanelliano ed epigravettiano. Dell’età neolitica, vi sono frammenti di ceramica ascrivibili, con maggior dettaglio, alla cultura di Diana; inoltre, armi di pietra e una zagaglia ossea decorata a figure geometriche incise.

Presso il Museo Nazionale archeologico di Reggio Calabria, è possibile vedere una ricostruzione della caverna con le reliquie originarie. Dopo la caduta di Taormina, unica città della Sicilia che era rimasta in mano bizantina, e che quindi veniva occupata dagli Arabi, un gran numero di asceti greci si concentra nella cosiddetta Eparchia del Mercurion lungo il corso inferiore del Lao-Mercure.

La chiesetta di Santa Sofia, fu eretta in epoca bizantina; sulla sua autenticità concorrono i toponimi e i pochi resti superstiti delle strutture murarie. All’interno, affresco raffigurante i SS. Rocco, Biagio e la Vergine di Costantinopoli, del 300-400, opera di ignoto pittore basiliano, commissionata dalla nobildonna del paese Florena Mastroto e che originariamente era in una chiesetta in tufo facente parte dell’antico nucleo abitativo sorto attorno alla comunità del convento. Altro affresco con le medesime caratteristiche, raffigura i SS. Sofia, Paolo, Pietro. Sull’altare in pietra tufacea, affresco raffigurante la Deposizione con Santa Maria Maddalena e le Sante Lucia e Caterina d’Alessandria, nel quale pur rimanendo un sostrato bizantino, si intravedono tenui elementi che riconducono alle prime esperienze di Cristoforo Faffeo. La statua lignea della titolare è del 300-400.

La chiesa madre dedicata a San Costantino, ha la navata centrale con volta e cupola, con scritta sul grande arco trionfale; le decorazioni a stucco sono frutto dell’arte di Michele Forte da Salerno del 1883. La cupola e gli altari sono in stucco, opera di artieri meridionali del sec. XVIII. Tra le statue processionali, Madonna col Bambino del 700; Immacolata del 700, crocifisso ligneo e croce processionale, pure in legno, opere di anonimi scultori meridionali del 700 e un manichino dell’Addolorata con veste nera di broccato. Tra i dipinti, spicca una tela di scuola napoletana del 600, sulla quale sono effigiati San Domenico e San Francesco d’Assisi; altre tele di anonimi pittori meridionali, raffigurano: Santa Filomena (sec. XIX), la Natività di San Giovanni con Sacra Famiglia (sec. XVIII);San Pietro (sec. XVIII). Di fabbricazione settecentesca sono pure: l’organo, l’acquasantiera in pietra, il fonte battesimale, un’altra acquasantiera in marmo. Nella zona presbiteriale, balaustra in ferro del sec. XVI, cupola in stucco del 600, altare maggiore in marmi misti del 700, coro ligneo del 700. La chiesa di Santa Maria di Costantinopoli, è un edificio di datazione incerta, eretto nei pressi del fiume Lao, sicuramente in epoche molto antiche. All’interno, oltre ad un organo a canne con parti metalliche e legno dipinto e a 4 portafiori in legno, entrambi del 700, fa spicco un affresco posto sulla parete absidale, con una incorniciatura goticheggiante, di autore ignoto del sec. XIV, che raffigura la Madonna di Costantinopoli adorata da San Proclo. Inoltre, statue ottocentesche in legno raffiguranti la Madonna col Bambino, e San Biagio; poi, statua in cartapesta del 1858 che raffigura San Costantino e crocifisso ligneo del 700.

Interessanti i portali litici di numerose abitazioni e alcune chiesette minori quali, quella di Santa Lucia, oratorio medievale con affresco quattrocentesco della santa titolare.

La chiesa d’Avena, eretta nell’omonima frazione, contiene un affresco raffigurante la SS. Trinità con Santi, eseguito nel 1521. Del castello feudale, appartenuto ai Marsico, agli Alitto e dal 1726 ai principi di Scalea, sono visibili solo dei ruderi.

Vestito tradizionale: "Uomini e donne con panni carbellisi senza tingerli. Panno con orlo blu in capo; non scarpe, ma zoccoli alle donne. Uomini hanno porcina e cervone". Sono chiamati: Nfurna pullitri (inforna asini) e devoti della culinuci (la lucciola scambiata per la Madonna). Nella cerimonia nuziale, il suocero dà alla nuora un cucchiaino di miele.

Tratto da "L.Bilotto" - Itinerari culturali della provincia di Cosenza

 

GRAZIOSI P., La scoperta di incisioni rupestri di tipo Paleolitico nella Grotta del Romito, in "Kliarchos", n. 13-14, 1962;

NAPOLITANO S., Contesto rurale e contesto urbano nelle origini di un’area del cosentino: Papasidero fino al sec. XVII, Reggio Calabria, 1986;

NAPOLITANO S. - Grisolia G., Il paese grigio, storia e mentalità a Papasidero, Bordighera, Manago, 1991.

 
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