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MARANO MARCHESATO

Le vicende della nascita di questo paese si fanno risalire ai tempi del terremoto del 1638, ma sicuramente un centro, anche se di proporzioni minori, esisteva già nell’alto Medioevo. Ai tempi della Repubblica Napoletana, nel 1799, secondo l’ordinamento amministrativo di Championnet, veniva assegnato al Cantone di Cosenza col nome di Marano Grosso, i Francesi, con legge del 19 gennaio 1807, ne facevano luogo, ossia Università del cosiddetto governo di Rende. Il decreto del 4 maggio 1811, con cui si istituivano i comuni, sanciva definitivamente il nome di Marano Marchesato.

Il paese è diviso in un nucleo urbano centrale e in quattro frazioni: Marano Centro, Carmine, Piano, Perri e Malvitani. La chiesa dell’Assunta ha tre portali in tufo con un motivo floreale che impreziosisce quello centrale scolpito nel 1863. Ripetutamente rimaneggiata, ha perso molto delle sue antiche caratteristiche presentandosi, oggi, con linee sette-ottocentesche frutto dei vari interventi di consolidamento e di restauro. All’interno, è possibile constatare l’intensità della devozione del popolo maranese dalla grande di quantità di opere d’arte che vi sono conservate. Per quanto riguarda le statue, ne abbiamo tre in legno: due dedicate all’Assunta e una a San Luigi Gonzaga; due in cartapesta, una che ritrae Santa Rita eseguita nel 1922, l’altra Sant’Ippolito del 1856; inoltre una statua di Gesù fanciullo ed una acrolito di Santa Lucia. Notevoli gli affreschi: Gesù che consegna le chiavi a San Pietro del 1882, la Madonna del Carmine, la SS. Trinità, l’Immacolata eseguiti nel 1882, la Sacra Famiglia del 1888. Tra i dipinti: San Luigi Gonzaga, il Battesimo di Gesù, la Sacra Famiglia del 1836, Santa Maria Assunta del 1851, le Pie donne ai piedi della Croce del 1847, SaNt’Ippolito, Santa Lucia, la Madonna delle Grazie, e quattro tele raffiguranti gli evangelisti.

Molto interessanti sono le opere in legno di artisti locali, si tratta di tre armadi costruiti rispettivamente dal Vivacqua nel 1925, dal De Paola nel 1928, dai Fratelli Marino nel 1938; v’è poi un altare ligneo dello stesso Vivacqua del 1922, e degli stalli e balaustra costruiti da Apa nel 1861.

Accanto alla chiesa, nella zona cimiteriale, è d’obbligo dare un’occhiata al cosiddetto Cappellone con i suoi dinamici motivi architettonici. Anche la chiesa di San Francesco è meritevole di una visita; vi si possono ammirare i seguenti dipinti: San Francesco di Paola eseguito dal Ritacca del 1980, due opere entrambe ritraenti i Miracoli di San Francesco dipinti dal Greco nel 1920 e nel 1932; il Miracolo di Martinello; tre dipinti su latta sempre di Greco, una statua lignea di San Francesco della fine del 700, una statua acrolito dello stesso santo. Accompagnano la liturgia le note di un organo del XX secolo, mentre i fedeli vengono avvisati circa le funzioni religiose da tre belle campane di cui una del 1850. In contrada Malvitani (da Amalfitani) è posta la chiesa di Sant’Antonio e la Funtana surfa di acqua sulfurea.

Nella frazione Carmine si erge la chiesa della Madonna del Carmine del 1135 con facciata in stile romanico. All’interno sono posti interessantissimi affreschi di ignoti pittori calabresi: il Profeta Elia del 1900, San Luigi Gonzaga, lo Sposalizio della Vergine, San Giuseppe col Bambino del 1977, i Quattro evangelisti, e n. 8 tondi raffiguranti gli apostoli; inoltre quattro dipinti su latta e una Madonna col Bambino del Di Bruno eseguita nel 1979. Molto nutrito il numero delle statue: Madonna del Rosario, San Francesco Saverio del 1906, Madonna di Fatima (in cartapesta); alcune in legno: San Giuseppe col Bambino, la Madonna del Carmine, San Rocco del 1911, Sant’Antonio da Padova, San Michele Arcangelo del 1889. La chiesa contiene inoltre: cinque belle cornici d’altare di fine 600 - inizi 700, due acquasantiere in pietra nera scolpita, un fonte battesimale in tufo e legno del 700, un pulpito in legno intagliato del 700, due confessionali del 700, un organo del 1925, uno stipo di fine 700, un trono porta statue in legno formato da pannelli intagliati con motivi floreali.

In frazione Piano sono ancora visibili i ruderi della chiesa della Madonna di Costantinopoli, mentre sono ben agibili i palazzi: Tenuta, dell’orfanotrofio e di Lisa. A Km. 2,5 sulla strada per Marano Principato, dietro una casetta, alla base di una parete rocciosa, sgorga la sorgente il Mulino di acqua diuretica. L’antico legame di questo paese con la cultura contadina è dimostrato dal rituale che s’accompagnava alla festa della Madonna del Carmine. I contadini del posto, portavano in processione alcuni buoi con delle ciambelle infilate nelle corna che venivano poi distribuite ai poveri, il tutto accompagnato dal suono dei tamburi.

Tra le tradizioni più belle, vi era quella del rituale del matrimonio, oggi, purtroppo scomparsa. Le amiche della sposa il giorno delle nozze, portavano il corredo dalla casa della ragazza a quella del futuro marito, prima di andare in chiesa. Il corteo percorreva le strade tra le due abitazioni danzando al suono del tamburello e cantando versi beneaugurali. Giunti a destinazione, posavano il corredo sul letto nuziale, con l’aggiunta di grano, di legumi e del prisientu costituito dall’abito da sposa, da un agnello, da un prosciutto e da due pitte, poi vi salivano sopra danzando, fino a mettere tutto sottosopra.

Costume tradizionale: "camicia con musto (corpetto), panno rosso aperto, poi gonna rossa; corpetto verde con mostre, ritorto, vantera, una scrima. Nel lutto, laccio di lana nera ai capelli".

Tratto da "L.Bilotto" - Itinerari culturali della provincia di Cosenza

 

ANELLI A.-SAVAGLIO A, Storia di Castrolibero e Marano, Cosenza, Fasano, 1989.

 
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