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AMANTEA

Dalle origini incerte, viene citata da Tito Livio col nome di Clampetia. Dopo un ruolo primario in epoca romana, accresce la sua importanza con i Bizantini. Nel corso del IX secolo, diviene tristemente famosa perché sede di un emirato arabo considerato come un nido d'aquila dal quale partire e nel quale rifugiarsi alla fine delle periodiche scorrerie nei centri vicini. Nell'890, proprio da questo paese, Niceforo Foca inizia la conquista bizantina della Calabria. Ladislao, successivamente, la infeuda ad Antonio Montalto di Genova. Ritornata nel regio demanio, è poi fedele alla causa aragonese. Nel 1495 si oppone alle armate di Carlo VIII e, per avere prestato aiuto a Ferrante, rifugiatosi ad Ischia, guadagna lo status di "università demaniale in perpetuo" cosa che la contraddistingue da gran parte di paesi della Calabria. Trenta uomini d'Amantea prendono parte alla battaglia di Lepanto.

Il terremoto del 1638 vi provoca numerosi danni. Durante le sommosse del 1647-48 seguite alla rivoluzione di Masaniello, il suo castello accoglie quanti sono costretti a sfuggire alle ire dei popolani. In linea con le sue continue aspirazioni democratiche, nel 1799, è tra i primi paesi ad innalzare l'albero della libertà, ma ben presto vi dominano nuovamente le forze borboniche. Resiste più di ogni altro centro calabrese alla conquista dei Francesi all'inizio del cosiddetto "decennio".

Mantiene ancora visibili le vecchie mura che cingevano l'abitato e che si elevano sino ad arrivare al castello i cui resti (un rudere di torre cilindrica, un tratto di cortina ed un pezzo di bastione) stanno a testimoniare le antiche glorie. La visita del maniero necessita di una camminata in salita premiata poi dal bel panorama che ci si apre davanti. C'è chi opina che la costruzione ebbe inizio nel VI secolo da parte del governo di Bisanzio con scopi, ovviamente, difensivi; si trattava quindi di un luogo fortificato che serviva a proteggersi sia dai Goti prima, che dai Longobardi dopo. Appare chiaro che quando vi sorse l'emirato, i Musulmani vi ebbero il quartier generale. Con Giovanna d'Angiò il maniero venne ulteriormente riadattato e rafforzate le parti più precarie.

Anche il successivo periodo aragonese fu caratterizzato da modifiche ed ampliamenti, cosa che continuò, del resto, col governo vicereale. Durante l'invasione francese del 1806, la mitica resistenza conclusasi con l'altrettanto famoso "assedio di Amantea" vide il castello costituire uno degli ultimi baluardi dei Borboni contro le truppe napoleoniche.

Scendendo nel centro abitato, vicino al municipio, ecco la parrocchiale dedicata a San Biagio caratterizzata da tre portali in pietra e da un'ampia facciata. E' sollevata da una gradinata nei confronti della strada. Fu eretta per volere di Francesco de Lauro nel 1667 come viene attestato da una lapide che reca anche l'arma di famiglia. All'interno vi si conservano dei dipinti: Circoncisione (navata sinistra) di ignoto manierista del '600; Addolorata tra angeli e santi (navata destra), forse Santa Teresa e San Bernardo, dipinta nel XVIII secolo; Annunciazione (ingresso alla sagrestia); poi, crocifisso ligneo del XVIII secolo.

In una posizione sicuramente preminente, eretta su uno strapiombo nella parte alta di Amantea, ecco la seicentesca chiesa dei Gesuiti che contiene un organo del XVIII secolo ed un pulpito ligneo del '600. Più in alto, ruderi della chiesa e convento dei Cappuccini, consistenti in pochi resti di due modeste campate ad arco acuto, monofora e cupola ottagonale con arcatelle cieche. Era stato fondato nel 1607 col finanziamento di un tal Rutilio Cavallo. Per redimere alcune liti sorte durante la sua edificazione, veniva fatto oggetto di due bolle papali (Gregorio XV e Urbano VIII). Nel 1614 i lavori non erano stati ancora completati e il finanziatore era passato a miglior vita; i suoi eredi accusando i frati di voler costruire un fortilizio e non una chiesa, non tennero fede ai patti stipulati dal loro congiunto. Solo dopo la mediazione della Santa Sede venne stabilito che i lavori potevano continuare ad essere finanziati da Muzio Cavallo il quale, in cambio, otteneva di avere la cappella funeraria nell'edificio e di potere apporre sulla porta del convento lo stemma gentilizio di famiglia.

Il convento venne definitivamente soppresso il 10 gennaio 1811. Nè civili nè religiosi mostrarono interesse a farvi ritornare i Cappuccini per cui la struttura andò progressivamente deteriorandosi. L'edificio sacro più importante di Amantea è senz'altro la chiesa di San Bernardino da Siena eretta dai Minori Osservanti nel 1436. Mantiene ancora numerosi elementi della primitiva struttura gotica. Della facciata colpiscono innanzi tutto nove piatti in ceramica (il decimo è andato perduto) che vi sono murati a forma di croce, unico esempio del genere nel meridione.

Il campanile è a forma quadrata, senza la cuspide. Il portico, della prima metà del sec. XV, è composto da pilastri ottagonali che sorreggono cinque arcate a sesto acuto e che mostrano più d'una somiglianza con quelli del chiostro di San Francesco d'Assisi a Cosenza. L'interno ha due navate di diverse dimensioni, con, nella zona absidale, elementi gotici originari. Nella prima cappella sinistra sono concentrate pregevoli opere d'arte tra le quali primeggia una Madonna con Bambino scolpita in marmo da Antonello Gagini nel 1505, nella fase giovanile dell'importante scultore siciliano; più avanti, un'altra statua di marmo del XV secolo raffigurante la Madonna. Inoltre, 2 statue marmoree datate 1491, opere di Francesco da Milano che raffigurano rispettivamente la Vergine Annunziata ed un Angelo Annunziante. Oltre ad una bella statua marmorea raffigurante San Bernardino e a un confessionale del '700, vi sono custodite alcune statue processionali (Madonna col Bambino, Santa Rita, Immacolata, Sant'Antonio) e una statua del Bambin Gesù da presepe. In fondo alla navata sinistra, piccola statua in marmo bianco cinque-seicentesca raffigurante la Madonna col Bambino. Sulla parete absidale, grande crocifisso ottocentesco.

Tornando nel portico, attraverso un portale datato 1592, si accede all'oratorio della confraternita del Nobili con un bel chiostro costituito da arcate in pietra e da un presepio marmoreo secentesco, probabile opera di Francesco Bonanno, gravemente danneggiato nel 1807 dai soldati francesi. Notevoli ancora il Palazzo Mirabelli, in Via Duomo, con portale secentesco e balconi in ferro battuto, barocchi.

All'incrocio tra la SS. 18 e la 278, in contrada Rota, venne siglata la resa di Amantea ai soldati francesi alla fine del citato lungo assedio del 1807. La lapide che ricorda l'evento venne dettata da Ernesto de Luca.

Tra i detti popolari è noto: "Maritati ara Mantia e 'nzurati a Bellimunti" (maritati ad Amantea e sposati a Belmonte). L'appellativo di vota-cannella si riferisce ad una curiosa storiella. Pare che un asino bevesse nell'acquasantiera di una chiesa e che per punizione dovesse essere gonfiato mediante una piccola canna infilata nell'orifizio anale. A soffiare per prima erano stati i popolani ma quando fu la volta dei ceti agiati e nobili, costoro si rifiutarono di mettere la bocca dove l'avevano messa i popolari ed esclamarono "Vota a cannella", come dire "Gira la canna dall'altro lato".

Tratto da "L.Bilotto" - Itinerari culturali della provincia di Cosenza

 

AVATI-CARBONE G.M., A pro del sedile chiuso di San Basilio della città di Amantea, Napoli, 1805;

CESARI C., L'insurrezione calabrese dalla battaglia di Maida all'assedio di Amantea, in "Memorie storico-militari", Roma, Poligrafica ed., 1911;

DI DARIO M.P., Itinerari per la Calabria, ed. L'Espresso, Roma, 1983, pag. 451 (indice);

FRANGIPANE A., Ceramiche decorative ad Amantea, in "Brutium" n. 2 1939;

FRANGIPANE A., I bacini di Amantea, in "Brutium" a. XVIII, 1939, n. 2 17-29;

LAURO S.M., Cenni storici della città di Amantea, manoscritto in "Archivio Maringola-Pistoia";

MORELLI T., Descrizione topografico-storica dell'antica Nepezia oggi Amantea, (manoscritta);

MOSCATO G.B., Amantea, in "Rivista Storica Calabrese", a. 1895, fascicolo XIX e seguenti;

PONTIERI E., Privilegi concessi alla città di Amantea da re Ferrante d'Aragona, manoscritto presso il marchese de Luca di Lizzano; SERENA O., Della città di Amantea, Napoli, 1867;

TURCHI G., Storia di Amantea, Cosenza, Fasano, 1981.

 
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