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ALTILIA

Si tratta di un paese dalle origini non recenti, essendo nato con buona probabilità ancor prima dell'anno mille per volere dell'esarca dell'imperatore Basilio II, di nome Eustachio Greco che lo chiamò Alimena in onore della madre che portava tale nome e che era stata la balia dell'imperatore stesso. Ebbe a subire non poche conseguenze negli scontri tra Normanni e Saraceni, motivo per cui Giovan Corrado e Altilio dell'Alimena lo abbandonarono preferendo costruire un nuovo villaggio in un posto più difendibile, più alto, da cui il nome Altilia.

Alcuni ne ipotizzano la derivazione dall'arabo, in tal caso significherebbe: fede religiosa. C'è anche chi vuole si chiamasse Stralunga o Stralonga perché pare che si estendesse fino alla vallata del fiume Savuto; altri ancora ritengono derivi dal greco Ateila (Atilioa) che indicava il cerchio dello staccio; ecco che andando ad Altilia si diceva "andare al vaglio", cioè dove si costruiscono i "vagli" (i crivi). Ma può anche darsi che tutto ebbe origine da Atelia che indicava un posto esente da tributi, forse in virtù di qualche privilegio concesso in passato per motivi a noi ignoti. In ultimo, si vuole che il nome significhi luogo pingue, ferace.

Il ponte di Annibale, ovviamente di epoca romana, eretto nel 203 quale opera della Via Popilia, venne distrutto dagli stessi costruttori per rendere impossibile la fuga del condottiero, nemico giurato di Roma; venne successivamente ricostruito dai Cartaginesi per consentire il passaggio dei soldati. L'abitato si dispone sul versante destro del Savuto, su una conformazione del terreno di grande acclività, quasi uno strapiombo lungo il quale si snoda oggi l'autostrada del sole. Presenta una tipica morfologia d'impianto medievale naturalmente fortificata e con un cospicuo insediamento monastico fuori del circuito urbano principale: questo è arroccato ma tuttavia con maglie non eccessivamente costipate e con una larghissima visuale, che però non si spinge a nord oltre Rogliano.

L'ambiente urbano è dotato di grande compostezza e suggestione, con qualche elemento di un certo interesse e una località sull'orlo dello strapiombo denominata Castello, che però dell'esistenza di un castello non conserva più tracce ma solo una casa un poco più grande delle altre costruita nel tipico stile severo e raccolto della zona. Oltre alle turbolenze dell'età romana, altri momenti luttuosi doveva provocare il conflitto seguito alla ribellione di Antonio Centelles marchese di Crotone. Appartenne alla contea di Martirano seguendone le sorti feudali, politiche ed amministrative. Dal 1496 al 1579 fu infeudato ai De Gennaro, passò poi ai D'Aquino di Crucoli e, infine, nel demanio regio. Fu colonia di ebrei e per questo ebbe una notevole attività commerciale. Vi si producevano gli stacci (arnesi per separare il fior di farina dalla crusca) per i quali il paese era noto in tutta la Calabria. Anche la presenza nel suo comprensorio di pietra marmorea e di argilla consentì il formarsi una scuola di scalpellini molto rinomata e attiva in tutta la Valle del Crati.

La chiesa parrocchiale dedicata a Santa Maria Assunta in cielo, venne eretta nel '400 ma ebbe a subire consistenti rifacimenti tra il '500 e il '700; quello del '600 fu dovuto all'interessamento di Leonardo Romano. La facciata, ovviamente, è costruita in pietra locale dalle maestranze molto operose nella zona; la parte superiore è stata lavorata da Gaetano Caruso, abile ed attivo maestro scalpellino di Altilia. La torre campanaria venne eretta a pianta quadrata col medesimo materiale. Il portale è sormontato da una cornice ad ogiva in tufo abbellita da decorazioni e fregi ornamentali. L'interno, interamente rifatto con elementi barocchi, mantiene tre navate delimitate da pilastri con arcate simmetriche e basamento modellato in tufo. Contiene un interessante fonte battesimale con coperchio in rame sbalzato con arcaiche decorazioni bulinate e croce patriarcale in alto. Interessanti le panche corali in legno di noce intagliato che terminano ai due lati del presbiterio con due seggi decorati a tronetto. Belli anche i confessionali pure in legno di noce con tarsie lignee più chiare, opera di bottega calabrese del '700. Apprezzabili, alcune statue processionali tra le quali l'Assunta, opera lignea del '700. Sull'altare maggiore, pregevole pala di Guglielmo Borremans dipinta ad olio su tela e raffigurante la Madonna Assunta in cielo.

La tradizione degli scalpellini è testimoniata da portali, soglie, davanzali e riquadri di finestre in tufo di cui sono abbellite numerose case del paese: in primo luogo il palazzo municipale, già palazzo baronale dei Marsico di Campitelli e il portale di casa Caruso. Una chiesa molto antica con annesso convento degli Agostiniani di San Lorenzo, andò distrutta dal terremoto del 1148. Altra struttura di origine ignota, era dedicata a Santa Maria delle Grazie ed ospitava i frati Conventuali; al giorno d'oggi sono ancora visibili delle tracce nei pressi del municipio ove appare in bella mostra il portale e l'arco trionfale a pieno sesto intagliato nella famosa pietra altiliese.

Gli abitanti erano detti Trippari perché‚ ogni volta che si recavano a vendere qualcosa a Rogliano, ne ritornavano con trippa e sangue; cantunari perché questo era il paese di abilissimi scalpellini. Gli abitanti di Maione vengono chiamati suriciari perché si dice che nel giorno di San Giovanni mangiavano il cosiddetto gatto Filippo, un piatto a base di topi.

Costume tradizionale: "Due scrime. Camicia composta di pettera e musto; pannetto rosso (se maritata). Giacca trinata e spaccata nelle falde. Sinale". In località Maione sono visibili molti bei portali del '700 e dell'800.

Tratto da "L.Bilotto" - Itinerari culturali della provincia di Cosenza

 

Altilia, Guida turistica illustrata, a cura della Scuola Media e dell'amministrazione comunale, Cosenza, Ed. Orizzonti meridionali, 1988. Ringrazio la dott.ssa Carla Lupi per la sua collaborazione circa le notizie su Altilia.

 
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